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Opere d'arte

La numerazione fra parentesi rimanda alla cartina della sezione "home"
Al termine delle operazioni di restauro sono stati ricollocati gli arredi lignei, anch'essi restaurati, come pure la pala e l'altare ligneo con il paliotto, i due dipinti e le carteglorie.

ARREDI LIGNEI: DOSSALI, INGINOCCHIATOI E CANCELLATA, PANCHE, STIPI

Gli arredi lignei sono parte integrante del fascino di questo piccolo edificio. L'ambiente è molto raccolto e suggestivo: lo spazio della piccola aula è delimitato verso l'abside da una cancellata lignea mentre sulle pareti sono collocati gli eleganti dossali in noce. La presenza di antichi arredi lignei caratterizza anche l'area absidale nella quale spicca, stretto fra le due belle finestre ogivali, lo splendido altare, ai lati del quale sono addossati due stipetti intagliati.




Dossali dell'aula (1)
I dossali in noce (XVII secolo), presenti nell'aula, sono citati per la prima volta nel diario di visita del vescovo G. Berlendis nel 1654. Essi sono rialzati su pedane e disposti lungo le pareti laterali del vano: le panche sono sorrette da gambe lavorate ad intaglio cui corrispondono, sul piano in appoggio alla parete, delle paraste con capitelli dorici fra le quali sono racchiuse delle specchiature ornate da cornici intagliate.
Fra l'aula e l'abside è posta una cancellata in noce impostata su una base che funge da inginocchiatoio ed interrotta centralmente dalla porta. Su quest'ultima, al centro del pannello inferiore, è intagliato lo stemma della famiglia Buzzatti. Nella parte superiore il divisorio è scandito da venti colonnine e da una fascia di trabeazione sovrastante su cui sono disposti due angeli ai lati ed una cimasa modanata al centro, sulla quale si ripete lo stemma araldico. Sul lato rivolto verso l'altare, nella stessa struttura di base, sono ricavati due stipi con porte in abete.
Nella piccola abside si trovano un armadietto a muro in noce (fine del XIX secolo) e due stipi angolari posti ai lati dell'altare (XVII sec).
Questi ultimi risultano particolarmente gradevoli per la semplice ma attenta fattura, impreziosita da un elegante lavoro d'intaglio sulle ante, sulla fascia sottopiano, sui montanti e sulle due alzatine. Infine, sui brevi lati del vano, sono poste due panche in noce, realizzate seguendo l'andamento delle pareti e formate dalla sola seduta poggiante su robuste gambe intagliate. Anche la fascia che corre sotto la seduta è lavorata ad intaglio.




Altare ligneo (4)
All'interno dell'oratorio l'occhio del visitatore è subito catturato dal pregevole altare ligneo e dai dipinti in esso collocati. L'opera di Vittore Scienza (1506) è un'elaborata costruzione architettonica che racchiude i tre dipinti su tavola di Giovanni Agostino da Lodi detto lo Pseudo-Boccaccino. Si tratta di uno dei due soli polittici rimasti di quello che è considerato il maggior intagliatore feltrino del cinquecento; nato tra il 1465 e il 1470, Vittore Scienza nel 1496 è già attivo a Padova dove redige parte del progetto per il soffitto della Cappella del Santo (nel 1486 a Feltre era stato l'autore della perduta cornice lignea per la pala dell'altar maggiore del Duomo); artista aggiornato alla moda lombarda del periodo, godette di gran fama, di lui ci rimangono un secondo polittico con dipinti di Cima da Conegliano del 1513 (già a Capodistria) ed il soffitto della sala dell'Albergo della Scuola Grande di San Marco a Venezia (1519-1525). Un “Disegno di progetto d'altare ”presente nella collezione Kongelige Kobbestiksamling di Copenaghen, recentemente attribuitogli da Giuliana Ericani, pare singolarmente vicino all'altare di Bribano.
La struttura lignea di quest'ultimo si sviluppa da una predella con dadi in aggetto su cui poggiano le quattro colonne a candelabra che scandiscono lo spazio architettonico per i dipinti, con la Madonna al centro e i santi Rocco e Nicolò ai lati.
Le colonne sono concluse da capitelli corinzi sui quali corre un'architrave spezzata. Dietro ad ogni colonna compare una parasta con decori vegetali a rilievo. Su queste si impostano gli archi a sesto ribassato, con intagli vegetali, che delimitano le aperture a portale in cui trovano posto i dipinti dei due santi laterali.
Lo spazio centrale occupato dalla Madonna con il Bambino è molto più elaborato: il dipinto è inserito in una cornice a forte strombatura, con ampia fascia centrale limitata da modanature piane.
Sopra e sotto corrono due specchiature rettangolari con intrecci geometrici alla moresca decorati a sgraffito con motivi vegetali stilizzati; anche la larga fascia della cornice strombata presenta una decorazione a sgraffito con stelline dorate sul fondo a tempera di azzurrite. Intagli dorati realizzano elementi decorativi classici alla lombarda di grande raffinatezza: nelle specchiature della predella e della cimasa spiccano, tra l'altro, un cavallo con due delfini, grottesche in un viluppo di virgulti e grappoli d'uva, erme romane (busti), vasi con fiori e frutta, cherubini con nastri e perle.
Il motivo delle grottesche e delle erme romane pare quasi una derivazione diretta dal repertorio del grande pittore feltrino Lorenzo Luzzo (detto il "Morto da Feltre”"), con cui Vittore Scienza ebbe stretti rapporti, anche d'amicizia. Questa cultura di derivazione lombarda assimilata alle conoscenze dell'antica pittura romana, portata a Feltre dai due artisti, influenzerà gran parte della successiva produzione figurativa locale. Le cornici di trabeazione e la predella presentano modanature di derivazione classica (palmette, dentelli, fusilli, perline). Come già detto, tutti gli intagli sono docorati mentre i fondi sono dipinti a tempera con azzurrite, con effetto cromatico e luministico di grande raffinatezza tra le parti dorate e brillanti e gli azzurri opachi. Manca la parte terminale del trittico che ci è giunto privo di coronamento .
L'opera si trova ora posata sopra una base lignea con fregio vegetale che la solleva dal piano della mensa in muratura, ed è addossata alla parete di fondo dell'abside.
L'attuale collocazione, fra i due piccoli stipi angolari in noce ed il paliotto tardo seicentesco sul fronte, è forse ottocentesca.
Alcuni particolari tecnico esecutivi:
(Dimensioni massime: cm 180x231x30). Tutte le parti ad intaglio sono eseguite in legno di tiglio mentre la carpenteria strutturale è in abete rosso. La struttura è costruita con abili sistemi ad incastro, perni di legno e solo rari chiodi. Gli strati preparatori evidenziano una doppia stesura (gesso grosso e fine). Tutte le dorature risultano eseguite a guazzo su strati bolari gialli e rossi e brunite.
Raffinata è la tecnica a sgraffito in azzurrite, lacca verde e lacca rossa, eseguita su foglia d'oro.




Cornice lignea del paliotto (5)
cornice del paliottoLa cornice in legno policromo e dorato del paliotto è attribuibile alla bottega di Giovanni Battista Auregne (metà secolo XVII). La decorazione è molto raffinata nell'intaglio, simile a quella presente sull'altare maggiore di S. Gregorio nelle Alpi.
La struttura è tripartita da due lesene decorate con volute a foglie d'acanto e testine di cherubino fra cui spiccano due stemmi araldici. Quello di sinistra appartiene al vescovo di Belluno G. Berlendis, 1653-1693 mentre per quello di destra è possibile l'attribuzione all'arma della famiglia Foro (Di) o a quella della famiglia Rudio. Nella zona centrale, una cornice a foglie d'acanto delimita la sede per il paliotto in cuoio. Tra la cornice centrale e le paraste lo spazio è decorato da una fine tessitura di racemi e foglie d'acanto, mentre sulla parte alta corre una delicata cornice a roselline.
Alcuni particolari tecnico esecutivi:
(Dimensioni massime: cm 212x104x9). La struttura, in legno d'abete con intagli in cirmolo, fu ridotta nelle parti laterali esterne, probabilmente per adattarla alla nuova collocazione. Risulta di particolare interesse il rapporto cromatico fra il fondo azzurro a smaltino e le dorature a guazzo su boli aranciati. Gli stemmi e le testine di cherubini hanno una cromia ad olio.




Paliotto in cuoio (5a)
L'opera, realizzata in cuoio dipinto, è di pregevole fattura e databile alla fine del XVII secolo. Essa è inserita nella bella struttura lignea intagliata e dipinta sopra descritta.
Risultano mancanti due porzioni di pelle, già risarcite in passato con toppe fissate sul retro, ed ora restaurate. Il fondo del supporto era ricoperto da lamina d'argento (in parte a vista) e verniciato a mecca per ottenere l'effetto di doratura.
Al centro spicca un medaglione in cui è raffigurata una “Madonna con Bambino ”inquadrata da ampie volute vegetali. Essa è stata eseguita in policromia con un legante oleoso mentre la vivace decorazione fitomorfa comprende lacche di colore rosso ed azzurro.
Un'efficace punzonatura (cinque ferri singoli o doppi con le rispettive varianti) sottolinea i contorni ed aumenta i riflessi decorativi dei fondi.
Alcuni particolari tecnico esecutivi:
(Dimensioni:cm 121x53). Il dipinto è applicato su un telaio ligneo mediante dei chiodi perimetrali ed è realizzato su due pezze di cuoio unite in origine mediante cucitura e successivamente incollate insieme verticalmente, nella zona centrale, con una fascia di tela posta sul retro. Il cuoio utilizzato è piuttosto grosso e compatto (si tratta presumibilmente di capretto conciato al vegetale).




Cornice lignea dorata (9)
(Dimensioni:cm 130x48x8). Si tratta di una bella cornice barocca, in legno di cirmolo, policroma, dorata e laccata. L'intaglio decorativo, di buona fattura e di elaborato disegno, descrive foglie d'acanto, nastri e volute.
Si compone di un riquadro centrale incorniciato da un sottile nastro fitomorfo intrecciato, attorno al quale si dipartono le ampie volute dal forte aggetto, intagliate e dorate. Può essere datata tra la fine del sec. XVII e l'inizio del sec. XVIII, realizzazione di una bottega d'intaglio vicina ai modi d'operare della bottega dei Brustolon a Belluno.
In origine custodiva un dipinto le cui dimensioni dovevano essere circa cm 45x61, ma venne riutilizzata nel 1895 per inserirvi la stampa che ricorda il recupero dell'altare da parte del Comune di Sedico.




Carteglorie (8)
(Dimensioni:cm 33x24x4 -51x48x8). Il gruppo delle tre carteglorie è del medesimo periodo e proviene dalla stessa bottega della cornice sopra descritta. E' interessante sottolineare come tali lavori di intaglio non siano stati sostituiti in epoca successiva da carteglorie in metallo (tipica prassi che ha portato alla perdita degli arredi più antichi). I tre pezzi, in legno di cirmolo, costituiscono un insieme composto da una cornice centrale più mossa e di maggiori dimensioni e due, di fattura più semplice, poste ai lati. Queste ultime presentano un intaglio con motivo a nastro di foglie d'acanto, decorato su lamina d'argento con lacca verde, e parte del fogliame dorato a guazzo. La cornice maggiore è definita da un lavoro più mosso, sempre a foglie d'acanto che lasciano il posto, nella parte alta centrale, alla testina di un cherubino. La decorazione pittorica è simile alle precedenti con la sola eccezione dell'incarnato del cherubino.
Al di sotto delle stampe ottocentesche (visibili attualmente) sono presenti delle stampe settecentesche.



I DIPINTI


Trittico su tavola - altare (4 - 4a - 4b - 4c)

“Madonna col Bambino tra San Nicola di Bari e San Rocco ”
di Giovanni Agostino da Lodi, detto lo Pseudo-Boccaccino.  (Dimensioni: S. Nicolò, cm 42x105 / Madonna con Bambino, cm 42x63 / S. Rocco, cm 42x105).
Nel prezioso altare ligneo sopra descritto è posto il famoso trittico: al centro si trova la Madonna con il Bambino, a sinistra San Nicola rivolto verso di Lei, a destra San Rocco con lo sguardo (stranamente) rivolto altrove. L'opera fu attribuita allo Pseudo-Boccaccino da Crowe - Cavalcaselle e pubblicata dal Fogolari nel 1909; con lo stesso nome comparve alla “Mostra d'Arte Antica”  tenutasi a Belluno nel settembre 1950, il cui catalogo fu curato da Francesco Valcanover e Giuseppe Fiocco. Dello stesso pittore, ormai identificato con Giovanni Agostino da Lodi, è la “Lavanda dei piedi” delle Gallerie dell 'Accademia di Venezia, che riporta la data 1500 (l'oratorio di san Nicolò fu consacrato nel 1502).
Giovanni Agostino da Lodi, nato attorno alla metà del XV secolo, era ancora attivo nei primi anni del Cinquecento; la sua educazione lombarda si fuse con le esperienze pittoriche venete, acquisite nella città lagunare in cui fu per lo più attivo, rivelando la ricerca di un rapporto dialettico con l'ambiente.
La sua vena pittorica esprime affinità con i modi del Bramantino e del Solario, nonchè lievi suggestioni leonardesche.
Proveniente forse da Venezia (Fogolari, 1909), il trittico offre nella tavola centrale notevoli addentellati stilistici con Andrea Solario, mentre evidenti sono gli elementi veneziani nei santi laterali.
All'esteriore eleganza del panneggio corrispondono fredde tonalità di colori chiari e vivaci, tipico esempio, non privo di grazia, di questo artista trovatosi alle soglie del Cinquecento attardato fra due mondi, il lombardo e il veneto.
I tre dipinti sono realizzati su tavole di tiglio in masselli sprovvisti di incastro di giunzione ma perfettamente connessi tra loro, mediante incollaggio, e fissati all'altare.
La tecnica esecutiva è estremamente raffinata, con l'uso di stesure molto sottili di colore, soprattutto nelle campiture delle vesti, con strati finali di lacche
rosse, verdi e brune. Gli strati preparatori sono di colore ocra chiaro, probabilmente a base di gesso e colla, stesi in spessori piuttosto consistenti.
Le due tavole laterali presentano sul fronte una superficie dipinta con profilo coincidente alla sagomatura della cornice lignea. Nella porzione non dipinta si sono rilevate parti debordanti di preparazione bianca a gesso e colla, tracce di segni a sanguigna del perimetro, piccole porzioni di tessuto di tulle di seta che il pittore ha usato ad incammottatura delle tavole.
Nella tavola di San Nicola, in basso, sempre nella zona non visibile, si trova uno schizzo di modanatura. Il dipinto centrale è invece realizzato su una tavola costituita da un unico massello in legno di tiglio. Qui gli strati pittorici sono stesi su tutta la superficie lignea e gli spigoli presentano gli accumuli tipici delle rifiniture della policromia lungo i bordi, quindi la tavola è stata realizzata con le attuali dimensioni e dipinta integralmente.



Dipinti su tela: (10)
“San Pietro” di autore ignoto.
(Dimensioni: cm 50,5x73,0). Dipinto ad olio su tela. Il santo è rappresentato in lacrime, con la chiave in mano. La tela è lavorata con un filo di trama ed uno di ordito, con filato piuttosto sottile, tessuto fittamente. La preparazione è di colore bruno-rossiccio, quasi sicuramente a base di gesso e colla.
“Santo con giglio e Gesù Bambino ” di autore ignoto.
(Dimensioni: cm 50,5x73,0). Dipinto ad olio su tela.
Il santo è probabilmente San Luigi Gonzaga o San Gaetano da Thiene. La tela è lavorata con un filo di trama ed uno di ordito, come la precedente, ma con filato di medio spessore, tessuto fittamente. La preparazione è di colore ocra, a base di gesso e colla, stesa in strati sottili. La qualità artistica dei due dipinti in origine era sicuramente buona: c'è una definizione dei particolari, una capacità compositiva che fanno presupporre la presenza di una bottega di buon livello. Il santo col Bambino pare di periodo leggermente più tardo.
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